Green House
In un prestigioso villino del primo decennio del secolo scorso, “juste en face” alla Villa Torlonia Albani, residenza ancora di proprietà degli omonimi principi che tra l’altro posseggono a tutt’oggi la più grande collezione di arte greco-romana al mondo, un’antica serra, unitamente ad un piccolo appartamentino residenza dell’autista della famiglia proprietaria del villino, sono stati assemblati e commutati in uno spazio raffinato e silenzioso, un luminosissimo loft ricavato appunto da una green house.

Rifiniture di altissimo livello, materiali esclusivi, per questa abitazione l’architetto Monica Bruni, sensibile e colta, attenta ai “desiderata” delle committenze, ha giocato sui toni cipriati di salvia e lichene passando da un tiepido muschio per rappresentare al meglio la contestualizzazione con il giardino privato che l’abbraccia.

L’architetto ha scelto per questo progetto la preziosità della pietra Santa Fiora nel disegno cosiddetto “Rigato Firenze” per esaltare il rigore del caminetto nella camera da letto e rappresentare con analogo metafisico purismo la sala da bagno, in un sensuale effetto materico di cuoio e tabacco che si rincorre per tutto l’open space.

Il touch è “green” ma con un’attenzione al post industriale, rubinetteria “ruggine”, enormi infissi a tutta altezza color canna di fucile, insomma notevole concentrazione ai particolari ed all’effetto dell’impianto scenografico.

Il pavimento è ovattato da una colata di resina opaca mista a silice così da evocarne la matericita’ rimarcandola ad ogni passo.

Lo studio per convogliare la luce naturale è stata impresa non facile ma alla fine la stessa è stata domata dall’architetto e conseguentemente incanalata come da progetto.

La trama di questo loft è fresca e giovanile ma al contempo non banale o scontata.

All’ingresso troneggia una grande libreria semi invisibile in quanto giocata sul  “ton sur ton”, più avanti una quinta teatrale aperta ai lati esalta la cucina all’americana dove riposa sdraiato un monolite in Santa Fiora con effetto “spaccato” quasi ad esaltarne la virilità, sopra il quale si offre prorompente ed autoreferenziale una gigantografia fotografica scattata dalla proprietà e raffigurante la suggestiva cisterna romana di Bacoli.

La zona notte è meno teatrale, l’impianto è puro, incorniciato da un baldacchino di ferro sottile di giacomettiana memoria che protegge tramite la discrezione di porte a scrigno un “petit vestiaire” di rara eleganza.

Le “nuance” timbriche sono abbastanza simili nella prima parte del giardino, così da richiamarne l’effetto in un gioco “intérieur-extérieur” che non fa volutamente comprendere laddove finisca l’uno ed incominci l’altro, in un felice effetto silvestre, dove anche la piccola chiocciante peschiera pare propaggine, appendice della casa.

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